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Le riaperture non preoccupano: l'indice RT è sotto l'1

Infettivologia Redazione DottNet | 29/05/2020 21:05

La fotografia dell'epidemia sul territorio resta "fluida", con forti differenze territoriali. De Micheli: la pandemia non è finita

Le riaperture delle attività commerciali lo scorso 18 maggio non hanno determinato, finora, condizioni particolarmente preoccupanti in Italia sul fronte epidemiologico dell'epidemia di Covid-19. Al contrario, l'indice di trasmissione del contagio (RT) è sotto il livello di allarme, ovvero sotto l'1, pressoché in tutte le Regioni, né si evidenziano segnali di sovraccarico dei servizi ospedalieri.  Tuttavia la fotografia dell'epidemia sul territorio resta "fluida", con forti differenze territoriali. È questo il quadro che emerge dall'atteso monitoraggio del ministero della Salute e Istituto superiore di sanità relativo alla settimana dal 18 al 24 maggio, quella delle ulteriori riaperture dopo il primo sblocco del lockdown lo scorso 4 maggio. Il trend dei nuovi casi è dunque in diminuzione, ma l'incidenza settimanale "rimane molto eterogenea nel territorio".

Così, in alcune Regioni il numero di casi è ancora elevato denotando una situazione complessa ma in "fase di controllo", mentre in altre il numero di casi è "molto limitato". Pertanto, nel monitoraggio, elaborato dalla cabina di regia con le Regioni, "si raccomanda cautela specialmente nel momento in cui dovesse aumentare per frequenza ed entità il movimento di persone sul territorio nazionale". Insomma, le misure di lockdown in Italia "hanno effettivamente permesso un controllo dell'infezione", ma questo non deve far abbassare la guardia. Dal monitoraggio emerge infatti che permangono segnali di trasmissione con focolai nuovi, e questo richiede ancora il rispetto rigoroso delle misure necessarie a ridurre il rischio di trasmissione quali l'igiene individuale e il distanziamento fisico. L'estrema "eterogeneità" dei dati, pur nel complesso positivi, è evidenziata in particolare da due situazioni regionali, quelle del Molise e della Lombardia. Il Molise, infatti, è l'unica Regione con un indice Rt elevato, pari a 2,2. Questo dato, però, non preoccupa ministero e Iss, che chiariscono: "Quando il numero di casi è molto piccolo, alcune Regioni possono avere temporaneamente un Rt maggiore di 1 a causa di piccoli focolai locali che finiscono per incidere sul totale regionale, senza che questo rappresenti un elemento preoccupante".

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Altra 'sorvegliata speciale' resta la Lombardia, dove continua a concentrarsi il maggior numero di contagi giornalieri, come dimostrano anche i dati di oggi della Protezione civile. Proprio questi dati rilevano infatti un lieve calo dei nuovi positivi in Italia: sono ora 232.248 i contagiati totali, 516 più di ieri, quando se ne erano registrati 593. In Lombardia, però, sono 354 in più (ieri 382) pari al 68,6% dell'aumento odierno nel nostro Paese. Ma ci sono anche 5 regioni a zero contagi: Abruzzo, Umbria, Valle d'Aosta, Calabria e Basilicata, oltre alla provincia di Bolzano. Inoltre, se 87 sono le vittime del coronavirus nelle ultime 24 ore in Italia, in aumento rispetto alle 70 di ieri, di queste 38 sono registrare in Lombardia (ieri erano state 20). I totale, i morti a livello nazionale salgono a 33.229. Sono invece saliti a 152.844 i guariti e sono 475 i pazienti in terapia intensiva, 14 meno di ieri. In vista dell'eventuale ripresa della mobilità regionale dal 3 giugno, i dati del monitoraggio lascerebbero dunque ben sperare.

Ma la cautela è d'obbligo.  Il trend "è buono ma naturalmente il virus continuerà a circolare per cui bisognerà continuare a tenere elevata la guardia", ha ammonito il direttore generale Prevenzione del ministero della Salute, Giovanni Rezza. E per l'epidemiologo Perluigi Lopalco, "anche se in gran parte dell'Italia il calo dei casi è evidente, è cruciale capire se la persistenza dei contagi in Lombardia sia relativa a vecchi focolai o se si tratta di nuovi focolai nati dopo il 18 maggio". Per una valutazione di ciò che è realmente accaduto dopo le riaperture del 18, tuttavia, è "ancora troppo presto e bisognerà attendere almeno un'altra settimana. Questi dati - conclude - sono ancora preliminari".

"La pandemia non è finita. E' questo che mi amareggia rispetto alle polemiche meschine di queste ore. Questo problema dei dati, dei 50 casi in più o in meno in Lombardia, è un'inezia rispetto alla natura e alla gravità dei problemi che dobbiamo affrontare nelle prossime settimane. La pandemia non è finita". Così Vittorio De Micheli, epidemiologo, direttore sanitario Ats Città Metropolitana Milano, ospite di 24 Mattino su Radio 24. "L'epidemia qui è partita con numeri molto grandi - spiega ancora De Micheli - e ancora adesso ha dei numeri molto grandi. In questa parte d'Italia, cioè Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Liguria, è concentrata la metà circa di tutti i contagi nazionali e credo che su questo debba fare una riflessione il Paese, non i singoli governatori. Se il governo deciderà di ripartire tutte le Regioni ripartiranno perché il sistema nazionale di monitoraggio in questo momento non segnala un'anomalia né in Lombardia né in Piemonte né in Liguria né in Emilia Romagna". "E' una decisione di carattere nazionale - aggiunge - le restrizioni non piacciono a nessuno e se colpiscono in maniera diversificata le regioni sono ancora più ingiuste e intollerabili. Raccomando una riflessione di Paese perché la pandemia è una questione nazionale. E' stato dimostrato che il virus i confini non li rispetta".

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